What it feels like for a girl?

Partiamo da un presupposto: tu non sei me. Non sai se sia piacevole essere me o meno. Non ti sei mai chiesto di questi capelli, della faccia, delle labbra. Delle tette, ad esempio. Per te vogliono dire nord, pezzi di pane, sofialoren; io che me le sono trovate senza sceglierle ho imparato che spesso vengono prima di me pur essendo me, e non conta la maglietta che indosso, se sono esausta o felice, non importa. L’imbarazzo di sapere quello che vede un altro è una cosa che si impara presto e la prima volta che ricorderò sempre non è quella in cui sono stata accarezzata in un certo modo, ma quella in cui ho capito che per un altro io non ero il mio corpo, e gambe spalle braccia potessero essere restituite dopo l’uso come un vuoto a rendere, un fiasco di vino. Partendo dal mio corpo si poteva dire di me, ma sempre e solo parlando per metonimie, parti, pezzi, macelleria, pesi e misure. I filosofi che hanno teorizzato il dualismo dovevano essere tutti maschi, quelli che credono che la bellezza debba nascondere per forza una tara, l’orlo scucito di un vestito, pure. Nasce qui la rabbia di non poter passarti, come un raffreddore, il pensiero che la cosa più intima che mi riguarda sarebbero le radiografie di un ginocchio messo male, non fosse altro perché sarebbero prova evidente di un dolore che non si vede mai. La cosa sarebbe praticamente risolvibile se non fosse sconveniente: mi stamperei in fronte la scritta “vulnerabile“, così tu uomo vedresti anche quella.

Una donna, nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne

 


Oggi, alle 18, alla Mondadori di piazza Trieste e Trento, Napoli, presentiamo la raccolta “Non è un paese per donne”, vi aspetto; sempre oggi e anche domani a Milano, al teatro Litta, c’è la rassegna cinematografica “Siamo Pari! La parola alle Donne” con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza sulla condizione femminile in contesti difficili utilizzando un linguaggio immediato e coinvolgente come quello cinematografico.