TDK

Un raccontino scritto anni e anni fa, sull’apporto dato da Kurt Cobain al mantenimento di certi, adolescenziali equilibri (ah, che poi io ho fatto la conoscenza dei Nirvana attraverso un paio di paginette del Sottobanco, quell’agenda che prometteva il rimborso se vi bocciavano, non so se la ricordate tutti, stiamo parlando di metà degli anni Novanta, quando cioè la sigla Tdk significava qualcosa per ciascuno di noi)

Si scopava molto sui Nirvana. Su Lounge Act e In  bloom  più  di  tutte . Il  nastro  si  stava  consumando,  Mimmo  lo  mandava  indietro  mentre  aspettava  Marta  in  macchina,  con  i  finestrini abbassati che scomparivano quasi nella piega della  gomma nera. Benzina l’aveva già fatta, fumo ne  aveva, adesso faceva il pieno di musica e di aria, dopo avrebbero avuto bisogno di entrambe le cose.  

Il nastro si stava tirando via proprio. Era la  terza cassetta che faceva su quel genere da quando  avevano preso ad uscire assieme. Prima ci avevano  provato coi Cure che piacevano a lei. Poi con Bob  Marley che piaceva a lui. Nel primo caso finivano  fumati presi troppo male, nel secondo fumati presi troppo bene. Ci  voleva un fumati normale che non compromettesse  l’evolversi naturale della serata. S’erano, dunque,  accordati sui Nirvana. Era estate, al parcheggio del palazzo dello sport  stava un tappeto di fazzoletti collosi a terra. A  Marta pareva di passarci la vita intera, in questo  parcheggio: il pomeriggio ci andava a correre, la  domenica a vedere le partite, il martedì a giocare a pallavolo e tutte le sere a scopare. Certe volte  tornava a casa solo per farsi la doccia, poi lui la  veniva a prendere, scendeva dalla fiat e suonava il  citofono. Non aveva forme di saluto, lui diceva,  semplicemente: Mimmo.  Marta capiva, era come quando  la signora affianco bussava per dire: Piove. 

Mimmo non apprezzava molto vestiti e collanine,  spesso la rimproverava pure per il trucco che poi  gli si macchiavano le camicie e cosa avrebbe detto a  sua mamma? Partiva sempre con un approccio lento,  partiva sempre da Polly che vuole un cracker andando a ritroso con il nastro:  aveva messo le canzoni di approccio alla fine del  lato b la seconda volta che aveva fatto la cassetta,  perché sulle prime gli capitava di non riuscire a  tenere i tempi e finiva eccitato già al primo giro  di basso come per riflesso pavloniano, mentre lei  non ne voleva ancora sapere niente e continuava a  parlare  dell’interrogazione  di  chimica  e  della  tesina su D’Annunzio e della maturità che sarebbe  giunta di lì a poco, sulla sua testa come un nuvolone.  Bisognava,  invece,  prenderla  alla  lontana  con About a Girl.  Accarezzarle  i  capelli  e  promettere  gli  appunti  dell’università,  quelli  buoni,  letteratura  italiana  del  secondo  anno.  Bisognava anche rollare la prima canna. La cassetta  finiva al momento giusto e nel silenzio momentaneo  tra Lithium e il cambio di lato, Marta dava forma agli  equilibri dei sediolini reclinabili. Mimmo allora girava la  cassetta sul dorso, faceva scorrere il pollice sul  nastro a sentirne la resistenza. Avrebbe mantenuto sicuramente fino a giugno. Sì. Sicuramente. Poi ci  sarebbero stati gli esami scritti.