Enrico Letta dovrebbe aprire subito una posta del cuore

“Caro Enrico, son Matteo, ho 41 anni e ho bisogno di un tuo consiglio” . 

Stanotte ho sognato un universo parallelo. C’era Letta ed era la nuova Aspesi. La sua rubrica si chiamava “Dolce Enrico”. 

‘Sta cosa che i sentimenti per me sono un fatto assai politico, anzi, il più politico di tutti, direttamente collegabile alla lotta di classe proprio come chiedeva Oreste in “Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola ho sempre avuto difficoltà a spiegarlo. Cioè, più che altro mi sono sempre rotta le scatole di farlo, lo ammetto. Anche adesso. Devo seriamente raccontarne il perché? Non è una cosa che sapete tutti? Pensare che non sia così anche per voi sarebbe come scoprire che quando andate in bagno fate la pipì attaccati al lampadario o seguendo le regole di qualche postsu facebook (giravano qualche settimana fa). Davvero: sarei, al contempo, curiosa della novità e profondamente schifata dalla cosa. 

Ma la cotta politica è una realtà. Si tratta di quelle scuffiate epocali in cui i propri sentimenti si collocano solo ed esclusivamente in una simil prospettiva marxista. Anche se non lo sapete, anche se avete un altro orientamento politico, è successo anche a voi. Dite di no? Vediamo.

Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) -Ettore Scola, 1970

  • Quando l’altro/l’altra vi spiega che non potete avere una relazione definita perché le relazioni sono frutto dell’ideologia creata dalla classe dominante e non siete voi ad aver voglia di vedere quella certa persona ogni santo die e ciarlare con lei su messenger e poi fare all’amore e poi cenare insieme e poi magari vedere gli amici e le altre coppie come voi e poi sposarvi, no: non sono i vostri desideri ma quelli che i poteri forti hanno scelto per voi;
  • Quando vi trovate a indire plenarie di confronto con gli amici facendo distinzione tra la trasformazione materiale delle condizioni della relazione (es: ha dormito da te ma poi è andato/a via prima che suonasse la sveglia) e le forme ideologiche della relazione (es: è innamorato/a ma ha paura di stare insieme davvero perché 87 anni fa è uscito/a male da una storia);
  • Quando, consci del conflitto di cui sopra, lo combattete con la rivoluzione ma siccome temete di fare la parte dell’offesa e perdere Filippo e ‘o panaro, dopo un po’ vi trovate a condividere i punti base della vostra rivoluzione con la controparte in causa.  

Ecco, se vi è mai capitata una cosa del genere, ATTENZIONE: siete dei proletari della cosa amorosa! Quando arriverete all’idea che per cambiare davvero le cose e le dinamiche dovete agire all’interno della vostra pseudocoppia senza nemmeno spiegarvi più di tanto,  anzi, fingendo che vi vada benissimo così, complimenti:

SIETE DIVENTATI TROTSKISTI! 

E ORA VENIAMO ALLA REALTÀ

Prendiamo Enrico Letta. Letta era Presidente del Consiglio. La situazione era di merda, ma cazzo, lui era il Presidente del Consiglio. Ci stava una sorta di boy scout tanto simpatico e gentile, un giovane attuale, tale Matteo Renzi. Lo rassicurava, lo consigliava, faceva un po’ anche il pigliato collera ma, infine, nei momenti topici non poteva non sorridergli con quelle smorfiette sbarazzine del cazzo che in certi momenti contano più di un “ti amo“.

E poi: io sono stata boy scout, di un boy scout puoi sempre fidarti, soprattutto se conosce le canzoncine dei raduni tipo “Volare Volare” (sì, io la conosco, una volta sapevo anche suonarla), quindi non diremo che Enrico era un po’ scemo a far finta di non accorgersi del fatto che Matteo, frattanto, mesi prima e forse più, s’era fatto i suoi piani e i suoi conti, le sue riflessioni, e pensava cose  tipo “e questo mo’ come me lo levo da cuollo” cercando altri supporters.

La questione tra i due si risolse come in molti dei casi più prettamente personali e che, purtroppo ben conosciamo: in uno dei momenti meno indicati e con una bella tecnica passivo-aggressiva. Renzi, in pratica, diede il benservito a Letta, uomo che si muoveva in Parlamento come se fosse in un negozio di cristalli, dicendogli una cosa tipo “Stai sereno”. Sì, la cosa suona più o meno come i “Caro/a, ti fai troppi film, stai tranquillo/a” dopo una discussione e sì, è difficile capire da questo che vi stanno mandando affanculo (lo saprete solo quando non vi richiamerà). “Stai sereno/tranquillo/ne parliamo tra qualche tempo” significa, infatti, “Senti, premesso che non considero il tuo apporto estremamente necessario, anzi, suppongo che senza di te starò molto meglio – magari è davvero così –  puoi stare calmo e contegnoso mentre capisco come tirarmene fuori affinché nessuno mi consideri uno stronzo e sia possibile credere che io abbia agito per il tuo bene e quello della collettività? Grazie. Se riesci anche a convincere te stesso a riguardo sarebbe perfetto”.

Di Letta, dopo quella ribalta, non abbiamo saputo granché per un po’ di tempo. In un articolo, tempo fa, lessi che faceva il professore a Parigi e non mi parve male come cosa. Pensai: “Stai sereno” in francese si dice “Restez-vous serein” che suona un po’ meglio anche se vuol dire sempre “cerca di non suicidarti che non voglio passare come mandante morale, grazie assai, ci si vede in giro“.

Letta però è tornato a bomba in queste ultime settimane: prima intervenendo sul dibattito post presidenziali americane – ringrazio pubblicamente i giornalisti che l’hanno sentito su Trump e Clinton perché vi giuro che la sua riflessione è meglio di un qualsiasi manuale di selfhelp – e oggi, in questi primi giorni post referendum, come esempio di colui che si siede sulla riva del fiume e vedendo passare non tanto il cadavere ma almeno i vestiti buoni del nemico, resta in compassato, dolcissimo silenzio senza twittare sul serio quello che noi tutti avremmo voluto. 

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Al di là del voto che avete espresso, forza, ditemi: foste stati voi al posto di Enrico, ieri non avreste indetto un festino con il Meu Amigo Charlie Brown come colonna sonora e rum e pera per tutti? Insomma, anche Jennifer Aniston – donna le cui sonore scuffie hanno tenuto banco per anni sulle prime pagine dei giornali e lui non era propriamente il guaglione del salumiere ma Brad Pitt e l’aveva mollata per Angelina Jolie – ci ha tenuto a farci sapere che ha rifiutato l’invito a cena del suo ex dicendogli, più o meno «Where you were at Easter, stay there even at Christmas» e cioè «Addò t’he fatto Pasca fatte pure Natale!». Letta no. Letta non ne ha (ancora) sentito il bisogno.

E io mo’ non so se Letta fa ginnastica zen o yoga, ma il suo silenzio, signori, la sua nonchalanche, non gli volete un po’ di bene per questo? Traslando la riflessione sul campo amoroso, potremmo dire che Letta ci sta segnalando quanto il sentimento conseguente alla fine di una storia sia anch’esso estremamente politico? Magari Letta, da qualche tetto parigino, sta pensando la stessa cosa. Magari parlando di Trump e non dicendo niente del Referendum voleva farci sapere che finalmente ha capito e che ora è in pace con se stesso. Ce lo vedete a stendere mutande e cazettini come si prepara a fare la sottoscritta canticchiando tra sé e sé? Io no. Però stanotte, reduce dalle maratone politiche, ho sognato un universo parallelo. C’era Letta ed era la nuova Aspesi. La sua rubrica si chiamava “Dolce Enrico”. La prima lettera cominciava con: 

“Caro Enrico, son Matteo, ho 41 anni e ho bisogno di un tuo consiglio”