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Kill Billy, istruzioni per una nuova libreria

Ho sempre avuto dei problemi con le recensioni dei libri.
No, non intendo che qualcuno m’ha stroncato e sto per fargli causa, sebbene questa cosa sia di moda.
Io ho problemi con le recensioni dei libri non da tizia che li scrive ma da tizia che li legge.
In pratica: ascoltavo consigli di lettura, prendevo nota dello strabiliante esordio, ricordavo premi conferiti ed eventuale numero di ristampe, seguivo indicazioni di questo o quel famosissimo critico, e poi, andavo per comprare il “caso editoriale” o “il nuovo grande romanzo italiano” o l’opera dell’emulo di Carver o quella del consanguineo di Proust e ancora il pruriginoso racconto dell’enfant prodige e bestemmiavo i santi del paradiso.

Ci ho provato, credetemi, ci ho provato:

  • a chiedere indicazioni ai commessi delle librerie (che, nella stragrande maggioranza dei casi, quando gli chiedi un classico italiano contemporaneo ti guardano come la signora Livoli  guardava Mike Bongiorno al TeleMike e ti rispondono farfugliando che c’è “La Compagnia dei Celestini” di Benni in offerta di nuovo, e allora devo rispondere che “La Compagnia dei Celestini” l’ho letto a nove anni e pagato a prezzo pieno, e comunque, hanno mai visto Santa Maradona?);
  • ad affezionarmi ad una firma e a leggere la sua opera omnia per partito preso pensando di andare sul sicuro (rischiando il collasso quando dovetti ammettere con me stessa che Alain De Botton non era il brillantissimo esploratore dell’animo femminile come mi appariva dopo “Il piacere di soffrire” e “Esercizi d’amore”, bensì uno che sembrava guardare alle donne come ad una specie esotica di cui non si conosco bene le reazioni)
  • leggere l’incipit, certo, ma seguire anche i consigli di  McLuhan, e quindi scegliere di comprare un libro solo dopo aver letto pagina 69, e poi ovvio, vuoi fare un torto a  Ford Madox Ford,  povero, già ha dovuto combattere una vita con un nome così, bisogna avere rispetto per le sue idee e dunque cogliere il suo invito a leggere invece la pagina 99 e poi una volta un amico mi ha detto che lui leggeva solo il terzo rigo dell’ultimo capoverso di pagina 234 e poi … (e poi finisce, quasi sempre, che scorata dall’incipit legga pagina 69 e delusa da pagina 69 allora pagina 99 e alla fine anche pagina 122 e pagina 74 e ancora pagina 12, insomma pagine a cazzo di cane che peggiorano mano a mano che vado avanti, perché la storia dell’incipit e quella di pagina 69 e quella di pagina 99 la conoscono anche gli scrittori, non solo i lettori, quindi ci prestano particolare attenzione). 
Così più che alle recensioni e ai consigli, ecco, io mi appassionai alle stroncature. La cattiveria, nella mia testolina, aveva un fascino, ragazzi:  quello di dire le cose per come sono, senza aggiusti di retorica, sinceramente.
Ecco, ditemelo quando avete finito di ridere che ricominciamo. Lo ammetto, mi ci è voluto del tempo per capire che spesso chi fa critica non è sincero: è rancoroso. E quindi magari può succedere che il libro che ha stroncato non sia più brutto di altri libri invece lodati.
O che il libro brutto e cattivo a me piaccia, un esempio su tutti, “Venuto al mondo” della Mazzantini: di solito quando affermo pubblicamente di averlo letto e amato c’è sempre l’intellettualoide che dismette i panni del purista della lingua italiana e mi fa “Ma che te vaje leggeeeennn’, ‘a Mazzantini! Tu t’ia leggere nu bellu Philipprottt e po’ parlammmm”. 
A complicare ulteriormente le cose, se mai ce ne fosse stato bisogno, c’era l’offerta di libri tra cui destreggiarsi: non mancano solo le indicazioni, è che i fossi sono considerevolmente aumentati. 
Una cosa buona, però c’è e sta su internet. Dai piccoli magazine, ai siti più noti, dalle piccole case editrici, al bookcrossing, ecco, trovare non solo recensioni attendibili ma bei libri mi sembra assai più semplice. E poi, nonostante tutti i problemi tecnici che ha avuto, io continuo ad essere grata agli sviluppatori di Anobii e alla comunità che più di tutte mi evita di prendere pali. Ho cercato di dare una mano anch’io, temendo di essere linciata (da Banana Yoshimoto, ad esempio, o da Francesco Bianconi), ma poi mi è venuta un’idea.
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  • Siccome credo ancora, molto romanticamente, che parlare male di un libro o parlare bene di un libro dovrebbero essere delle possibilità a sé stanti;
  • Siccome tutti sanno chi è Fabio Volo, ma se dico Muriel Spark nada de nada (a parte un timido sparuto cenno del capo di qualcuno che ha visto “Bang Bang” in offerta a meno 15% in libreria)
  • Siccome mi mi sono rotta francamente le scatole che sentirmi dire: “Eh, a te non è piaciuto, ma ha venduto un botto”, o anche “Ha venduto un botto, quindi è troppo mainstream”, o ancora “L’ha pubblicato una grossa casa editrice, quindi sicuramente è un buon libro” e infine “L’ha pubblicato una piccola casa editrice quindi è sicuramente un gioiellino”;
  • Siccome poi escono i dati su quante persone comprano libri in Italia e mi viene da pensare che ci sono rimasta solo io e un paio di miei amici; 

Allora, forse da rivedere non è il concetto di leggibile o meno ma quello di libreria.

Tutto questo per dirvi che su Fanpage è nato Kill Billy

Sarò buonissima, giuro.