Tagapp

La vita con e senza smartphone
Sottili differenze tra l’esser disconnessa e il risultare on-line e non rispondere comunque.

Ho un app che mi dice quanto posso spendere senza che il mio conto vada in rosso: basta segnare redditi e spese, ed ecco la sintesi del bilancio (e il segnale di morte).
Ne ho un’altra che mi dice se posso mangiare un magnum mini al caramello senza che una girella di grasso mi si depositi all’altezza dei fianchi costringendomi a cambiare guardaroba (e spendere tutti i miei averi,ovvio). 
Un’altra ancora tiene conto della mia attività fisica. Sì, si riduce alla corsa per prendere il tram, ma in questa app puoi scrivere: corsa per 5 minuti, 23 calorie in meno, che a voi sembreranno niente ma a me interessano ai fini del magnum mini al caramello di cui sopra.
Ho anche un simpatico gatto elettronico che mi avvisa di quanti giorni mancano al ciclo, cosa che alcuni di voi potrebbero trovare imbarazzante, ma a me fa abbastanza comodo: il gatto quotidianamente mi chiede anche come sto, se ho mal di testa, se mi sento irritabile o triste o particolarmente suscettibile. Il gatto è mia madre, praticamente.
Ho tutte quelle app del cazzo che vi mettono in comunicazione con gli amici ma anche con gente che non vorreste mai.
Ho una bellissima agendina elettronica simil moleskine che si chiama “Do it tomorrow”, il cui scopo è, come immaginerete, segnare le cose che bisogna fare in giornata. Però, e qui sta il genio, se uno non ci riesce a far tutto quello che dovrebbe in sole 24 ore, è possibile rimandare a domani con un semplice tocco!
Ho Instagram, dio buono, Instagram: io ho fatto esami sull’utilizzo sociale degli album di fotografie, capitemi. Ho amato Flickr. Ma Instagram: è praticamente una versione postmoderna del Nuovo romanzo di figure di Lalla Romano. Potrei scrivere un saggio su questa app, e dire dell’autopercezione di sè attraverso il filtro Rise o Valencia.
Ho tutte queste cose perché ho uno smartphone. Da un mese. Dopo un anno di Nokia modello pleistocene su cui anche leggere gli sms era difficile.

Prologo

Io avevo uno smartphone. Era l’estate del 2012 e io ero la giovane proprietaria di un samsung rosa. Samsung rosa con la decalcomania di Edinson Cavani atleta di Cristo. Nell’estate del 2012 però io ero anche molto incazzata, quindi come tutte le donne con problemi sentimental-emozionali mi ero rifugiata da H&M. Appena entrata mi fregarono il cellulare. Così mi ritrovai ad essere una giovane donna in crisi sentimental-emozionale senza telefono sempre molto incazzata e non solo coi diretti responsabili ma anche con gli addetti alla sicurezza, il sindaco, la vita, Gesù, Cavani e il ladro del mio cellulare cui augurai di prendere assieme al mio samsung anche tutti i problemi legati all’avere un telefono perfettamente funzionante, in grado di ricevere e fare chiamate, connesso ad internet, e sentirsi comunque sola come un cane lasciato sulla tangenziale il 15 di agosto. Il seguito fu: bloccare la scheda, ricomprare una scheda, richiedere lo stesso numero di cellulare, scavare nei cassetti di casa alla ricerca di un qualsiasi dispositivo telefonico sostituto.

Differenze riscontrate tra la fase pleistocene e la fase android

  1. Non ho più bisogno di portarmi dietro la superagenda di Guerre Stellari. La superagenda di Guerre Stellari è bellissima, ma pesa tre chili. La superagenda di Guerre Stellari ha su incisa la frase “Non sottovalutare la tua forza”. La superagenda di Guerre Stellari mi è costata tipo 30 euro. Posso contabilizzarla nell’app di cui sopra alla voce “il romanticismo ha il suo peso”?;
  2. Non ho più bisogno di fare calcoli di trigonometria per capire come mai il pantalone di Mango comprato due settimane fa, taglia 44, mi va ballando sulla vita e stretto sul culo;
  3. La app che rendiconta la mia attività fisica non prevede nulla alla voce pulizie domestiche o 4 piani a piedi senza ascensore;
  4. Faccenda femminile sul gatto elettronico: amiche, ma voi siete le tipe che si segnano con un cuoricino rosso sul calendario il giorno in cui vi devono venire? No, ditemi, vi prego. Io ci ho provato a fare questa cosa, a suo supporto ho trovato anche citazioni letterarie nella Signora delle Camelie di Dumas figlio, ma niente, ogni volta me ne scordavo producendo quel simpatico effetto chiamato paranoia almeno un cinque/sei volte l’anno;
  5. La sveglia: la sveglia del Nokia era una specie di allarme bomba. La sveglia dello smartphone è una specie di allarme bomba però più cool, insomma, non vi sentite come dentro PacMan appena svegli.

Conclusioni

Il Nokia modello pleistocene è una specie di monolito in plastica. Può risultare poco gradevole esteticamente, ma in quel momento non mi importava molto, anzi. Come sempre avviene quando si è in un momento di emergenza, si apprezza l’affidabilità in luogo della bellezza, la concretezza e la funzionalità base al posto di trecento cose carine, leggerissime e volatili. Il mio Nokia era, praticamente, l’equivalente di un uomo serio e maturo dopo che siete state con un ragazzino di quindici anni tanto vivace, certo, ma sicuro quanto il passaggio di un autobus dopo mezzanotte a Napoli. Il mio Nokia era un chiummo, diciamo la verità, e la gente pensava che io stessi parlando ad un telecomando e non ad un cellulare,  e gli amici mi prendevano in giro però poi mi dicevano brava, vorrei farlo anche io, se solo non avessi bisogno di internet. Anche io avevo bisogno di internet, cazzarola, diciamo la cosa com’è, solo che avevo bisogno anche della pace mentale. Il furto del cellulare, è ora bene dirlo, fu una specie di mano santa in un momento in cui le notifiche di facebook e le email erano un attentato al mio sistema nervoso. Era esattamente quello di cui avevo bisogno e, ci tengo a dirlo, io e il Nokia saremmo stati ancora felici assieme per molto molto tempo, senza connessioni, app e gatti elettronici se non fosse arrivato lui, lo smartphone, sotto forma di regalo, lui, bianco e leggerissimo, cui ho comprato anche un bel paracolpi di silicone (rosa, ovviamente) con le orecchie di coniglio (pare che ce l’abbia così anche la figlia di Maradona, ma il fatto è che si tratta dell’unico articolo che il marocchino ha voluto mollarmi per meno di 4 euro). Edinson Cavani, vabbé, non credo sia necessario dirvi perché la sua decalcomania al momento risulterebbe più fuorimoda del Nokia del pleistocene. Il passaggio da hikokomori della telefonia a tizia che sa rispondere alla domanda “Salvare su scheda SD?” è stato piuttosto semplice, anche perché ormai avevo capito la sottile differenza che sta nell’esser connessa e il non esserlo più: quello stato – raggiunto per pace mentale o solo perché avete molte cose da fare – in cui siete capaci di risultare on-line e non rispondere comunque. Soprattutto ai gatti elettronici.