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Il giorno in cui il Panico compì trent’anni

C’è una storia che non so quanto sia vera, la storia per cui “Panic” degli Smiths è stata scritta oggi, trent’anni fa. E ce n’è un’altra, verissima, per cui il mio primo bacio dovrebbe avere più o meno la stessa origine. In entrambi i casi si tratta del disastro di Černobyl’

In questo universo parallelo Johnny MarrSteven Patrick Morrissey fanno appena cinquant’anni in due e non 110, portano giacchette sciancrate e camicie a quadri risultando alla moda – una moda di cui ci saremmo accorti solo dopo – e non hanno mai litigato. Di base, oggi, trent’anni fa, stanno ascoltando la radio, precisamente la trasmissione radiofonica Newsbeat condotta dal dj Steve Wright.

Me li immagino con la faccia china sugli altoparlanti, magari stanno parlottandoci sopra, magari non la sentono neppure almeno fino a quando la musica si interrompe: il conduttore ha una notizia da passare velocemente e la notizia è l’incidente alla centrale nucleare di Černobyl’.

Nemmeno il tempo di capirci qualcosa che il dj ritorna in sé. E tornare in sé significa passare, come da scaletta, I’m Your Man dei Wham!, una canzuncella che in pratica dice “sono il tuo uomo piccola, se devi farlo, fallo bene, va bene?” Sarebbero nati così, dunque, i versi topici che ho cantato centoventimila volte, quel “Burn down the disco, hang the blessed d.j. because the music that they constantly play it says nothing to me about my life” 


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