La notte prima degli esami io la passai a leggere il marchese De Sade

Ho frequentato il liceo in un posto in cui ad un certo punto dell’anno, chiudono le strade e ci fanno passare l’acqua, in una specie di inondazione pilotata che arriva alle porte delle case su strada. Ho frequentato il liceo in un posto in cui, se dovevi andare a prendere il bus per il ritorno, era prassi comune chiedere ai professori di uscire dieci minuti prima, pena restare in loco fino al giorno successivo. Ho frequentato il liceo in un posto in cui, per arrivarci, bisognava fare trekking.
Non amavo molto il mio liceo, e neppure il posto, mi sa che si è capito.
Il problema, più che del liceo e del posto, era dell’interconnessione di queste due cose con il mio animo adolescente che sognava Christiane F. e i suoi amici ragazzi dello zoo di Berlino, quando pure lo zoo dell’Edenlandia era una cosa lontanissima.
Non avevo, all’epoca, una comitiva ben formata con cui fare bagordi la notte prima degli esami, che passai, invece, in compagnia (letteraria) del Marchese de Sade, “Justine o le disgrazie della virtù”, bellamente sdraiata a 4 di bastoni nella mia stanza mentre al piano di sotto i miei genitori guardavano una replica di “Totò a colori”. Non avevo neppure pensieri o paure particolari (mi avrebbero preso solo all’università) e per questo motivo quando mi decisi a dare una rilettura al percorso interdisciplinare da me presentato, fantasiosa rielaborazione della più nota tesina come prevista del Ministero quell’anno, lo lasciai cadere nel lavello producendo un simpatico pastiche da arte contemporanea.

Comunque, io alla maturità, liceo linguistico di Campagna, Salerno, presi una questione tremenda con il commissario esterno che mi diede 4 e mezzo nel tema d’italiano, tutto perché avevo citato la Fallaci nel componimento, “roba che sicuro non avete studiato in classe”. C’era da capirlo: era giugno 2001, la questione non era ancora d’attualità come sarebbe successo a settembre.Il commissario esterno, proveniente da Vallo della Lucania, alla fine della sessione, poi si scusò. Mi disse anche che nella vita, secondo lui, avevo una carriera assicurata come avvocato. Per tutti questi motivi, compreso il fatto che non sono un avvocato e non ho una carriera assicurata, non tornerei a giugno 2001 manco dietro pagamento.

In ogni caso, ecco le mie strategie per la sopravvivenza in sede d’esame, con esempi pratici.

1) La mia compagna di classe F.L. che quando le chiesero di parlare di Pascoli, rispose: Pascoli è un autore importantissimo, ma per parlare di lui dobbiamo prima parlare di Ungaretti.
(questa strategia comporta necessariamente la conoscenza del pensiero di Ungaretti o dell’autore da voi proposto in alternativa)
2) La mia compagna di classe N.R. che quando le chiesero di parlare, anzi, quando le dissero “Buongiorno signorina”, attaccò a piangere raccontando i suoi drammi con il fidanzatino.
(questa strategia comporta necessariamente drammi interessanti)
3) Tutte le mie compagne di classe che scelsero l’analisi del testo come traccia per il tema d’italiano
(non servono strategie quanto una copia di una buona antologia di letteratura nascosta il giorno prima sulla cassetta dell’acqua del bagno delle donne)
4) La certezza recondita mia, non so le mie compagne di classe (eravamo una classe al femminile, è bene dirlo), che anche quella sarebbe passata. E’ che le cose interessanti per davvero, quelle per cui valeva la pena di sbattersi sarebbero cominciate più in la. Appena uscita da quell’aula, insomma.