Tagfossati

Si torna ancora in primavera. A meno che tu non vada in America Latina

Guida al classicone musicale di ogni primavera. Perché anche se Ivano Fossati io non credo che lo perdonerò mai, “io l’amore l’avevo in mente ma ho conosciuto solo gente” resta sempre la mia autoconsolazione preferita. 

Ivano Fossati io non credo lo perdonerò mai. Stima, rispetto, Ivano, ma meglio che ci teniamo lontani. Se Francesco De Gregori mi aveva tolto l’illusione sin dalla tenera età che ci fossero braccia entro le quali stare al sicuro – giacché con Francesco il verbo amare è una voce che va al passato (e qualche volta se ne fa anche un vanto) Ivano ha avuto la spocchia di dirmi, quand’ero già grandicella, che no, forse si poteva davvero fare questa cosa di abbracciare giacche sotto il glicine e far correre e correre.

Non me lo sono sognata, Ivano, hai detto proprio così: inciampa piuttosto che tacere e domanda piuttosto che aspettare e stancami e parlami. Dovrei venir a prenderti sotto casa per le volte che mi sono strafacciata.

Racconta  – hai detto, anzi cantato, quindi è peggio perché è la metrica musicale a permettere il passaggio da cazzata a meme – racconta, e spiegami tutto questo tempo nuovo che arriva con te Ma certo. Vieni che te lo spiego, accomodati, ti preparo pure il caffè. 

Un paio di anni fa anche se sembra esser passato molto più tempo, mi son risalita l’Italia in treno, andavo ad una conferenza incontro di quelli dove vado io con le mie spiegazioni dettagliatissime su cosa significa avere 30 anni in questo paese. Avevo deciso di partire davvero il giorno prima, come al mio solito, quindi nemmeno il tempo di mettere un paio di jeans nello zaino. Un po’ l’avevo fatto apposta: sull’intercity, quel luglio, volevo esserci solo io, senza bagagli. Però mi ricordo bene che caricai il lettore, e mi ricordo bene perché ci misi su una sola canzone, che non dirò mai. E con questa canzone segreta nelle orecchie arrivai fino a Pisa, se non sbaglio. Poi quando a Pisa cambiai binario decisi di cambiare anche colonna sonora, e umore, soprattutto. Il free bar della conferenza incontro fece il resto: tornai a casa nuova di pacca, bravo Ivano.

Poi succede che un giorno mentre corri a prendere il bus, la radio che ti ostini ad ascoltare passi E di nuovo cambio casa. E tu, ormai sul bus zeppo affollato logoro sporco atroce, con la tua bellissima camicina a fiori comprata da Oblomova un sabato pomeriggio che c’era il sole e tutto sembrava andasse bene tra te e le tue parole (e anche la tua anima, certo), ti accorgi che forse, forse, oh, vuoi vedere che Fossati un po’ c’ha ragione a vender casa per un motore? E con “la mia fantasia un po’ danneggiata, da troppo parcheggiata” come la mettiamo? Cambiare casa come cambiano le cose non è quello che vorremmo far tutti? Forse la faccenda raccontata non riguarda tanto un uomo che non vuole più precludersi alcuna possibilità e usa il cambiamento di orizzonte dalla finestra come incidentale nel cambiare donna e amore o viceversa ma il contrario.

E gira gira e gira gira, si torna ancora in primavera e mi trova che non ho concluso niente.

Già.

Va bene, Ivano. Me ne vado. Metaforicamente, ovvio. Mando trecento richieste ad Immobiliarepuntocom. E mi prendo anche i cocci, li riparo con quella tecnica giapponese del kintsugi e ci scrivo un post, va bene? Vado avanti, caro, va bene.

Fintanto che nessuno è come me, certo. 

 

Questo post lo dovevo a Lilly. Assicuriamo che nessun cantautore italiano è stato maltrattato durante la realizzazione di questa breve ma intensa riflessione.