La verità, vi prego, sulla pubblicità

Come quella reclame della bolletta elettronica, no, ce l’avete presente? C’è la famigliola felice che si fa una foto con l’autoscatto, la ragazzetta col mangianastri che s’è mangiato la cassetta, la tizia che scrive a macchina, il ragazzo che cerca una stazione radiofonica girando la manopola, un tizio che davanti alla buca delle lettere apre e legge una bolletta . E mentre stiamo là a pensare a quante volte ci siamo trovati nella stessa situazione, alle bollette e a come cazzo era difficile correggere una parola con il correttore, roba che dovevi bagnare il pennellino appena appena per non far spugnare il foglio e poi stare là a soffiare nella direzione giusta, la voce fuori campo ci invita a riflettere sui gesti che abbiamo dimenticato, superato. E fin qui tutto bene: diciamo la verità a noi stessi, il mangianastri ci aveva mandato in frantumi tutte le cassette mixed by erry, il rullino della polaroid costava una botta e la radio è meglio sentirla in streaming.  Resta solo l’odiatissima bolletta, puntuale e fuori luogo come la morte (cit.) Altro che patina del tempo: la pubblicità ci ha preso, siamo pronti a fare qualsiasi cosa ci dica di fare. Senonchè.

 

Senonchè, dopo una bella schermata che ci fa sapere con chi abbiamo a che fare, compare sullo schermo il gesto nuovo, il passo avanti della specie: la bolletta elettronica. Un signore molto distinto, con camicia abbottonata, computer a schermo piatto, casa con colore bianco dominante, ce ne mostra l’utilizzo: la bolletta  è consultabile  direttamente  dal  personal con molta calma. Oh, ma cosa cazzo tiene in mano? Eh? Perchè sta bevendo un liquido dal colore paglierino mentre legge la bolletta? Cos’è, camomilla, valeriana o qualcosa di forte? Ci sta consigliando di fare lo stesso? Di sederci con molta calma come davanti ad una cattiva notizia e di farci una camomilla o uno scotch prima di connetterci? Quanto cazzo costa questa cosa elettronica? Pieno di risentimento, mio padre ha cambiato canale e ha detto che erano meglio i tempi di una volta.

 

O anche, le pubblicità nuove tutte con le canzoni anni ottanta. Cioè, mi stanno sputtanando gli A-Ha, i Roxy Music e pure Enola Gay. Cos’è, sono finite le soundtrack anni settanta?  I Beatles stanno citando per danni? Non si porta più fare i virus memetici con le parole nuove su una basi conosciute, cosicchè nessun bambino sa chi erano i Ricchi e Poveri ma tutti sanno dirci che il Papapaparmiggiano è buono assai? Devo aspettarmi di sentire Brian Ferry in uno spot di detergente intimo? I Queen per una reclama di biscotti (no, questo è già successo). Io ancora non mi sono ripresa dall’utilizzo di The first cut is the deepest. Per Iggy Pop nella sigla di Tempi Moderni.  Ricordo con terrore il giorno in cui ho canticchiato Donovan e mi è stato risposto: “uhh, la canzone dei salatini”. Propongo un’azione mirata per non vedere compromessi i nostri ricordi. Gli anni ottanta sono solo l’inizio, la fine è vicina: presto arriveranno ai Jefferson Airplane, a Rory Gallagher, a Nick Cave.

 

(questo post è volutamente privo di link, anche perchè cercare tutto su wikipedia non sarebbe etico)