AutoreRaffaella R. Ferrè

Raffaella R. Ferrè, giornalista e scrittrice, è nata ad Eboli nel 1983.

Cane mordente si abbenda alla sacresa

Sabato 14 giugno alle 18, sono alla Mondadori di via Benedetto Croce, a Napoli. In questa occasione sarà svelato il significato del titolo di questo post. Ricchi premi e cotillons.

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Alla fine ho:

 

-fatto l’intervista all’Unis@und . Ho faticato un’oretta per riuscire a trovare il posto esatto, ma ne è valsa la pena.

– presentato il libro a Salerno. La mattinata è andata benissimo e sono stata tanto tanto tanto contenta anche se Dio ha voluto che tra me e la Sala Bottiglieri di Palazzo Sant’Agostino fossero frapposti diversi ostacoli: il primo porta il nome di Autista di Autobus Privato. Sono salita sul pullman ed ho chiesto: “Questo è un diretto per Salerno?” Risposta: “Si”. Pago il biglietto, mi siedo, prendo il lettore mp3, controllo la frangetta nel finestrino e nel finestrino vedo che il bus non ha imboccato l’autostrada ma la via interna. Prima di arrivare in via Roma, nel capoluogo di provincia, ho difatti girato per: Battipaglia, Belvedere, Bellizzi, Pontecagnano Faiano, Zona Industriale. L’unica cosa diretta sono state le mie bestemmie. Dio ha anche voluto che nell’esatto momento d’inizio della mia presentazione, in utt’altra parte della città, fosse in programma l’inaugurazione di non so quale cosa. Dio ha predisposto, infine, che ci fosse Tele Diocesi ad intervistarmi.

– fatto un esame e preso 28. Questo ha un che di divino, visto che negli ultimi giorni è capitato di tutto (ho anche camminato a piedi nudi per la strada, come nella famosa canzoneche certamente voi amanti del bel canto ricorderete).

-fatto l’intervista a TvLuna con Mariangela Mingione, che ammiro tanto il lavoro che fa e la passione che ci mette. Potrete vedere i risultati (e le mie papere) Martedì 17 sull’emittente tv alle 13,30 e alle 19,30, più o meno.

 

Ci vediamo domani. Chi non viene avrà a che fare con il cane mordente che si abbenda alla sacresa e con il belcanto.Lo so, mi ridurro a fermare la gente per strada, pregandoli di seguirmi in libreria con una scusa. Sob.

 

Si ringrazia il boss, anche per il pranzo che mi ha offerto; Donatella per l’organizzazione; Fiorentino e Anna, giunti in mio soccorso dall’Università di Salerno; Francesco e il suo amico carino per avermi ricordato che ritoccare le foto in photoshop è una pratica dannosa; Generoso e il suo accompagnatore per aver sfidato le ferrovie dello stato raggiungendo la presentazione in tempo. Grazie, grazie assai.

 

Se non esistessero i funghi, riusciresti a immaginarli?

Prima cosa:

Mercoledì 11 giugno alle ore 10,3o nella Sala Bottiglieri di Palazzo Sant’Agostino, in seno alla Provincia di Salerno (cioè qui), c’è la prima presentazione del libro “Santa Precaria”. A dio piacendo, mi farebbe tanto piacere vedervi in sala, accanto ai parenti più stretti che stanno ricevendo in questo momento la chiamata alle armi. Ovviamente ci sono tutta una serie di ragioni per cui voi dovreste essere lì: tra queste la possibilità di assistere all’incendio delle mie orecchie e quello di riposarvi sulle comodissime poltroncine della sala. Non vi preoccupate per i posti a sedere: il posto è molto grande (e coi cazzi che riuscirò a riempirlo).

 

Seconda cosa:

Sabato 21 giugno, alle ore 18 più o meno, nella Sala Mangrella del Complesso Monumentale di San Francesco, ad Eboli, (esattamente qui) ci sarà un’altra presentazione del mio libro. In questo caso, alla sfilza di ragioni per essere presenti potete aggiungere il buffet e, soprattutto, la presenza di uomini quali Arnaldo Capezzuto e Peppe Porzio (qui non c’è il link, ma fidatevi). Non so se mi spiego. Non vi preoccupate per i posti a sedere: il posto è molto grande (e coi cazzi che riuscirò a riempirlo).

Disclaimer: tra queste due presentazioni potrebbero a breve spuntarne delle altre, come fanno i funghi. Vi assicuro che in questo caso  non c’è muffa né veleno. Sì, sono in pieno revival Blu Vertigo.

 

Terza cosa:

Vi segnalo l’autobus 201. Salite su questa corriera arancio di sabato sera.  Accadrà un piccolo miracolo. A me è capitato, per esempio, di incontrare un punk di sedici anni e mezzo, domiciliato in Ponticelli. Se non è un evento incredibile questo, in tempi di Tokyo Hotel. Questo ragazzo col ciuffo riccio e i capelli rasati ai lati della testa in un azzardato serbian style, stava seduto accanto a me con tale mollezza che m’ha fatto ricordare – “and if a double-decker bus crashes into us to die by your side is such a heavenly way to die” – ricordare di un altro viaggio in pullman, tempo fa. Sì, accanto non avevo propriamente un punk, ma anche quello mi pareva un miracolo. Ok, ero un po’ brilla per l’alcool ingurgitato la sera stessa e pure la sera prima ma credetemi: la sensazione  era più o meno la stessa.

 

Quarta cosa:

sono andata a vedere Sex and the city  ma non conosco il finale del film perchè durante la proiezione la pellicola è caduta dal piatto e il cinema ha sospeso la proiezione. Il cinema ha risposto alle proteste dell’intera sala dopo dieci minuti di miei smadonnamenti. Il cinema, incarnato in un signore baffuto e con la divisa, ha risposto alle mie lamentele dicendo che mi avrebbero dato un “biglietto omaggio”. Gli ho fatto presente che i biglietti omaggio sono quelli che non paghi e che io, invece, il biglietto per il film l’avevo pagato eccome, con moneta sonante. Hanno così deciso di restituirmi i soldi.  Il cinema in questione sta al centro di Napoli, diciamo più o meno in via Chiaia, e le pellicole che si fermano e riprendono dopo 5 minuti mi sembrano, ultimamente, all’ordine del giorno, così come l’assenza di qualcuno che controlli che in sala non ci sia un bivacco di criammole infoiate.

 

Quinta cosa:

in tema con il mio libro sono di nuovo senza lavoro

Buonanotte amici della notte

Due piccole informazioni:

– gli anni 80 rivivono in me;

– il mio libro esce all’incirca il 15 giugno. Qui trovate la scheda e questa è la copertina;

 

copertina.jpg

 

 

Ed ora veniamo a noi. Ieri ho visto Gomorra, che mi è piaciuto e ha pure una bella fotografia, motivi per cui mi sento di dire che sì, vale la pena di andare a vederlo. Vale la pena di vedere questo film anche per un altra ragione: guardare a una distanza ravvicinata e ingigantita una certa parte della città. E non intendo quella sullo schermo. Intendo quella in sala. Gli spettatori ridono alla scene in cui a me vengono i lacrimoni, si alzano e vanno al cesso nelle scene clou, amoreggiano con la fidanzata e mangiano il popcorn e le patatine senza alcuna sosta per tutte le due ore quasi e mezza di proiezione, pure quando si parla di munnezza e rifiuti tossici. Come se non fossero al cinema, la gente non si trattiene: le persone parlano, fanno i cuppitielli ai personaggi, ridono al loro dialetto. Ridono della normalità che a me pare di vedere sullo megaschermo, ridono alla visione della scimmietta in gabbia e a me sembrano anche loro un po’ scimmie, incapaci di riconoscersi allo specchio e provare un minimo di riconoscimento, come quando passando per via Toledo ci si vede per un momento riflessi in una delle vetrine. Loro ridono e intanto buste di plastica e succo di frutta e cocacola e popcorn e patatine. Anche qui il contrappunto musicale, come nella scene di violenza con il sottofondo neomelodico, come i vicoli pieni di monnezza e il concertone in piazza del Plebiscito, come me fuori al Kesté alle due di notte e il vecchio del primo piano che vuole dormire e cerca di mandarci tutti via buttando acqua dal balcone ma non con un secchio o con un pentolone bello pieno ma con una tazzina, una tazzina da caffé.