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Ti ho aspettato 15 anni in barba alle leggi del mercato

Ditemi che ci sono cose che uno non smette mai di cercare.
Ditemi che è così. Ditemi, vi prego, che oltre a pensare a che telefonino comprare, a cosa far da mangiare stasera, a quale camicia mettere domani, voi non avete smesso di allungare lo sguardo e chiedere, a voi stessi più che ad un altro, se è lui, proprio lui, quello che volete.
Ditemi che se anche vi consolate con quello che trovate in giro, non lo dimenticate mai.
Ditemi che sono le sue le parole che vi mancano e lo sapete.
Ditemi che avete fiducia in lui, che sapete che arriverà, in un modo o nell’altro e in barba alle leggi del mercato.
Ditemi che siete andati alla sua ricerca in posti orribili, pieni di gente alla ricerca proprio come voi, solo che loro s’accontentavano prima, parevano anche felici.
Ditemi che ci avete provato anche voi ad esserlo, prima di capire che per quanto l’allegria sia un altro dei tanti sentimenti che si possono fingere, a voi non interessava mica.
Ditemi che voi volete domande e meraviglia, ditemelo.
Che per voi essere felici non è essere pieni, quella è roba facile, è come a tavola, che se non hai il tuo piatto preferito davanti non c’è da far drammi, puoi sempre contentarti con un panino, sfama comunque e costa anche meno.
Ditemi che vi ricordate della prima volta in cui l’avete visto, la prima in cui avete pensato fosse quello giusto.
Ditemi che non sono riusciti a farvi cambiare idea le proposte di altri, le loro offerte da supermercato.
Ditemi che vi ricordate ancora le sue prime parole, che vi bastano quelle per non smettere di aspettarlo.
Ditemi che quando lo avrete trovato, non avrete paura.
Ditemi che lo amerete, quel libro, dalla prima all’ultima pagina.

(pensavate ad un uomo? ehm.)
(il mio amore – il libro, non l’uomo – si chiama “Identikit”, l’ha scritto Muriel Spark e l’ha pubblicato Bompiani alla fine degli anni Settanta. Volevo questo libro dal 1998, da quando, alla prova simulata della maturità, mi trovai davanti le prime due pagine: era la versione in lingua originale, io dovevo tradurla. Siamo nel 2013, io mi sono diplomata e laureata, ho letto il libro in inglese e ho passato gli ultimi 15 anni a cercarlo in italiano perché, ovviamente, mica un romanzo così bello potevi comprarlo tranquillamente in libreria, eh no.
E’ il libro più bello, più pauroso, più tutto che ho mai letto. C’è dentro Napoli.
E l’ho finito stanotte.
Trovatelo anche voi, giuro che vale tutti gli anni di attesa).

Raffa is on air (and she knows what to do)

Negli ultimi due giorni ho avuto la fortuna di una, anzi due, interviste on-air. La prima su Radio Marte, mio punto di riferimento in fm sin da quando frequentavo l’Accademia di Belle Arti di Napoli. La seconda, invece, su Radio Mpa, vera emittente radiofonica della provincia di Salerno.

 

Ma andiamo con ordine:

A Radio Marte  mi ci ha portato la simpatia: quella che ho ispirato a Rosanna Iannacone e quella che lei ha ispirato a me. Questa donna spumeggiante aveva previsto, per me, uno spazio on air. Anche in questo caso, Dio ha  scelto di frapporre fra me e l’obiettivo una serie di ostacoli, oltre la consueta mancanza di senso dell’orientamento. Difatti, prima mi sono,ovviamente, persa per i vari  terminal dell’areoporto di Capodichino; in seguito, un insetto gigante è entrato dal finestrino  della macchina, scegliendo i miei capelli come casa per le vacanze. Ma la vostra eroina (da non intendersi come sostanza stupefacente) è riuscita a superare tutti l’uocchiencuollo che tiene, anzi, pare la cosa sia andata ancora meglio perchè così ha conosciuto Max Giannini. Se Rosanna è spumeggiante, briosa e allegra, dalla voce al sorriso, dalla punta dei capelli rossi a quella delle scarpette bianche, Max è pazzo. Prima di tutto ha scelto di chiamarmi “pevsoncina”, così, con la erre moscia, per buoni tre quarti d’ora. Dopodichè mi ha coinvolto nella sua pazzia, inducendomi a raccontare dei famosi pezzi a riempimento, dell’esposizione canina alla quale ho presenziato essendo una giornalista a caccia di notizie e soprattutto dei tanti scauzacane che uno, volente o nolente, incontra nella vita. Oh, non vi dico le matte risate.  Il giorno dopo, ovviamente, sono ritornata da loro e il cane Briciola aveva già smesso di abbaiarmi addosso. Non solo, on air c’era Gianluca Capozzi. Allora, a me piacciono tanto i nuovi “neomelodici” o’ sapite. Specialmente quelli che tentano una nuova strada per la canzone napoletana, andando oltre la classica “fronna e’ limone”. Gianluca è uno di loro, se non il primo. Gianluca è il cantante preferito di Caterina, protagonista del libro. Gianluca è nu bello uaglione. Gianluca ricorda i nomi di tutti i suoi fedelissimi e porta al collo una croce che gli ha regalato una sua ammiratrice. Ma Gianluca è , soprattutto, sorprendente. Per questo e tanti altri motivi, merita un ascolto, anche da parte di chi, di solito, storcinea il naso.

 

L’intervista a RadioMpa è stata, invece, meno movimentata, ma non per questa meno bella e sentita. La giornalista Romina Rosolia, che alla sua giovane età accompagna una passione e una motivazione vera, forte, mi ha fatto domande toste, le domande che aspettavo da tanto. A lei e a quelli come lei vanno i miei pensieri, quando penso a casa.

Distante da ciò che più a cuore mi sta

Santa Precaria è nelle Mondadori. E’ nelle Fnac. Nelle Feltrinelli, accanto al mio amoreFrancis Scott Fitzgerald.  Nelle librerie fiduciarie di Stampa Alternativa. E’ in buona compagnia in un altro centinaio di librerie italiane e su 18 librerie on-line. Santa Precaria non c’è, invece, sui pochi scaffali, nelle librerie di Eboli. Nella cittadina di 38mila abitanti dove sono nata, cresciuta, pasciuta ci sono i tavolini dei bar ed i gelati, il teatrino di Pulcinella, le feste di piazza e lo struscio sul viale; di Santa Precaria, i manifesti bianco e blu conformi all’identità visiva. Gli amici che hanno provato ad entrare, nelle piccole cartolibrerie dove fino a qualche mese fa spendevo i miei soldi, che hanno provato a chiedere del mio libro, ne sono usciti a mani vuote e con la faccia stupita, la bocca semiaperta di chi vorrebbe dire e rispondere ma non sa cosa, perchè ciò che è accaduto non rientra nelle sue capacità di comprendonio: “noi questo libro non ce l’abbiamo” o anche “non l’abbiamo ordinato e non vogliamo farlo” e ancora “se proprio ci tenete, portatecelo voi e poi facciamo a metà con il venduto”.
Ho ricevuto e-mail e telefonate a questo proposito ed a tutti non ho saputo dare una risposta certa: io non so perchè Santa Precaria non sia nelle librerie di Eboli come, invece, accade nelle librerie di tutta Italia. Allo stesso modo non conosco i nomi esatti di chi sta lasciando commenti vari, pieni di maleparole, sui vari siti. La verità è che mi sento un po’ lontana, non solo mentalmente ma anche fisicamente, da questo piccolo mondo. La cosa, che una volta mi avrebbe spaventato, oggi mi fa quasi sentire leggera. Il mancato rispetto di chi vuole affacciarsi al mondo del lavoro, di chi vuole imparare, di chi vuole far palare i piedi (per dirla alla Elio) non mi tocca più. Come nella canzone, inizio a sentirmi “distante da ciò che più a cuore mi sta”. Ecco, se c’è qualcosa che mi spiace è proprio questo: l’allontanamento, questa volta vissuto con cognizione di causa, dal posto in cui sono nata, cresciuta e pasciuta. Un’anima in meno alle 38mila, se fa comodo.

 

PS: i libri più belli della vita mia, comunque, li ho comprati alla bancarella che sta sul viale, eh.