L’autunno è

L’autunno è quella cosa che comincia quando esci dal letto e entri in uno stato in cui l’unica frase possibile è: Dio mio buono.
Dio mio buono è un’entità di cui ho prova sempre meno e sempre più, a fasi alterne e dicotomiche, dipende dal sogno con cui come esco dal letto.


Il letto, al centro della stanza, staccato dai muri che sono porti sicuri e conosciuti, è la mia zattera verso il giorno che viene (a letto siamo forti di quella certezza che tutti abbiamo avuto, almeno una volta nella vita: sotto il lenzuolo, distesi, coperti, nessuno potrà più toccarci a meno che non si lasci penzolare un piede, nudo. Mai lasciar penzolare piedi nudi, soprattutto verso il giorno che viene).
Il giorno che viene comincia con il residuo di un lavoro che sta per finire, non è più una professione la mia, è un trasloco.
Il trasloco avviene soprattutto nella mia cassa toracica.
La mia cassa toracica poi si gonfia d’aria e fretta e vento, corro verso un posto o verso l’altro ma comunque corro. Il gioco dell’orizzonte che non puoi raggiungere ho smesso di farlo tempo fa, oramai non è più necessario provare a toccare linee che per principio d’esistenza non si lasceranno mai toccare;
Le linee che non si lasceranno mai toccare non sono mie nemiche, anzi, mi confortano, stanno lì assieme a quelle del tram, e io passo il loro limite senza che si accorgano, con il tempo, le azioni, le cose da fare mentre Napoli si allaga e si slarga sotto la pioggia.
Napoli che si allaga e slarga sotto la pioggia è un’estensione del lungomare liberato, ovunque, anche a sui binari della metropolitana o a via Roma.
Via Roma è la tristezza degli occhi degli uomini che aspettano le loro donne fuori dai negozi, un personalissimo e urbano triangolo delle Bermude commerciale.
Le donne sono oramai figurine lontane perdute in uno dei camerini dei sei piani di H&M ad emettere suoni come mmmm o aaah.
H&M è un luogo di paura e delirio di carte di credito e pullover e cappottini maculati mentre la radio passa ancora una volta Lana del Rey e tell me I’m your national anathem. Dentro da H&M ci sono anch’io che mi provo un vestito di tessuto operato fin sotto il ginocchio e dopo aver appreso che forse mi sta bene e forse lo compro e forse boh e forse niente, comincio ad invidiare gli uomini che aspettano fuori che con il vestito di tessuto operato non dovranno mai averci niente a che fare e su via Roma, fuori da H&M, mentre viene giù il diluvio, almeno possono fumare. Poi vedranno una delle figurine staccarsi dal fondo di manichini e maglioni d’angora e sorrideranno di sollievo, perché anche questa è andata, finito, via, finalmente.
Finalmente, io non lo dico mai. Specialmente fuori da H&M.
Fuori da H&M ma anche altrove, mai è una parola impossibile e definitiva, quasi quanto sempre.
Sempre è locuzione utilizzata spesso a sproposito.

L’autunno è quella cosa che comincia quando mai e sempre finiscono per sembrarti più concrete di tutto il resto, sicuramente più dei forse, dei vediamo e dei non so. Allora le prendi nel tuo sacchetto da scarabeo e ti sorprendi ogni volta che le tiri fuori e le incaselli, sette punti o venti, sono abbastanza, vanno bene che, per come stai, basta continuare la partita.

e domani, Roma 

Salone dell'Editoria Sociale
Giovedì 18 ottobre – Salone dell’Editoria Sociale